Questa settimana Axiver & Automotornews.it ha incontrato ed intervistato per voi il Campione del Mondo 1991 classe 80cc Chicco Muraglia, che quest’anno festeggia il ventennale dalla conquista del primo titolo iridato di un pilota italiano.

In Enduro / Motorally

Chicco Muraglia, classe 1959, 52 anni, è nato e vive a Sanremo. Ha cominciato a correre appena compiuti i 14 anni, ed era il 1974. Ha appena festeggiato il 20° anniversario della prima vittoria italiana al Mondiale, conquistata da lui, nel 1991, nella classe 80cc.

Quest’intervista è stata realizzata a Casazza (BG), in occasione degli Assoluti di Enduro, appena terminato il brindisi per l’anniversario!

“Ho comprato la mia prima moto, un Gilerino 50 con il quale andavo anche a scuola e la mia prima gara l’ho corsa con la stessa moto. Poi mi sono comprato a rate, e me lo ricordo ancora oggi, con delle belle ‘cambialone’, una SWM 50 e l’ho pagata 520 mila lire. Era il 1975. Le rate, mi sembra di ricordare, fossero da 40 mila lire”

Ma la passione da dove nasceva? Qualcuno in famiglia te l’aveva trasmessa?

“Assolutamente no, nessuno. Avevo sempre avuto amici più grandi di me che avevano le moto da regolarità, a Sanremo, nella mia città, e mi portavano sempre con loro. Io avevo un Benelli tre marce… o meglio, mio papà lo aveva e io lo rubavo e li seguivo ovunque. Però non avevo ancora 14 anni e così una volta mi hanno fermato, multato e processato. Io non volevo andare incontro a sanzioni maggiori, soprattutto perché ne avrebbe fatto le spese mio papà, e così ho dichiarato che lo avevo rubato. In questo modo non c’è stato incauto affidamento”

E poi, basta multe?

“Eh no, magari. Poi mi hanno fatto la multa perché non avevo la patente! La Swm era targata, ma ero io che a 15 anni non avevo ancora la patente, così mi hanno fermato e multato di nuovo”

Scusa, ma tuo papà come reagiva a tutto questo ?

Sospira ripensandoci : “Eh, ci aveva messo una croce sopra”. E poi riprende a raccontare. “Finita la terza media ho fatto un anno di geometri ma non mi piaceva studiare e così sono andato a lavorare, magazziniere in una concessionaria della FIAT. Lavorando mi sono comprato un’altra moto, usata, sempre a rate. Guadagnavo 220 mila lire al mese nel 1976 e 50 andavano nella rata mensile della moto. In totale quella moto l’ho pagata 400 mila lire. L’anno dopo invece me la sono comprata nuova, alla bella cifra di 900 mila lire: una Mazzilli 50”. E ripensa al momento della consegna, a Milano. “Ero andato con un mio amico a Milano a ritirarla ma non avevamo capito che volevano i soldi subito. Allora il mio amico gli ha fatto un assegno ma noi sapevamo che in banca non c’erano i soldi e quindi l’assegno non era coperto. Così il giorno dopo siamo dovuti correre in banca a depositare i soldi per coprire l’assegno”

Ma che gare correvi con queste moto?

“Il trofeo regionale fino al 1976 quando ho iniziato a correre in qualche prova del trofeo FMI. Mi portava mia mamma, con la sua macchina perché mio papà non aveva la patente. Partivamo con la moto sul tetto della Fiat 127. Mettevamo un asse sul tetto e ci poggiavamo sopra la moto, sdraiata. La prima gara andammo a Bra ed arrivammo così. Avevamo caricato la moto in due, sul tetto”

E poi finalmente nel 1977 …

“In quell’anno il concessionario di zona, che si chiamava Nino Benso – il mio scopritore – aveva la concessionaria Puch (le Sachs stavano concludendo la loro era e il Puch era diventato il numero uno in quei tempi) e mi propose di correre per lui. Lui mi dava un Puch e l’altro me lo compravo. Cominciammo così ad andare a fare le gare fuori, sempre per il trofeo FMI. Alla fine dell’anno Frigerio ci diede il Puch per fare le finali del trofeo! Eravamo tre ragazzi: il mio amico Roberto Vernazza, Sergio Alberti ed io. Siamo andati tutti e tre a correre e tutti e tre potevamo, potenzialmente vincere”

E invece ?

“Lo abbiamo perso tutti all’ultima gara. Però, fu allora che decidemmo di fare il salto di qualità e diventare Senior, pur senza aver vinto niente. Nel 1978 corsi con il Puch nel campionato italiano e chiusi quarto, nel 1979 De Cocci fece correre la IM e mi diede la IM 50 ufficiale. Non guadagnavo una lira ma ero ufficiale al cento per cento. La prima gara di Campionato fu a Sanremo e io la vinsi, ma al mio compagno di squadra, Gino Perego, questo non andò tanto a genio e non so come mai, per il resto della stagione la mia moto non fu più tanto performante!”

Ma nel frattempo avevi preso la patente ?

“Come no, certo. Avevo preso la patente e avevamo comprato un furgone, un 238, in società con altri due amici per andare sulle gare. Lo avevamo pagato un milione e mezzo, usato, e lo usavamo per tutto. Ci andavamo sulle gare, ci dormivamo dentro. E nel 1979 ho fatto la Sei giorni in Germania. A quei tempi c’era Daniele Papi, direttore sportivo, e dovrò sempre moltissimo a quest’uomo. Portò alla Sei giorni ben 50 piloti italiani e lì in mezzo c’ero anche io. Solo che una settimana prima di partire in allenamento mi ruppi un piede!”

Ma no, e allora rinunciasti?

“Vuoi scherzare? Andai lo stesso senza dirlo a nessuno. Non andai al ritiro insieme agli altri e zoppicando arrivai in Germania. Ho disputato tutta la Sei giorni rompendo la moto all’ultimo giorno, nell’ultima prova di cross. Però in classifica c’ero”.

A quel punto lo dicesti a Papi che ti eri rotto il piede prima di partire?

“Non l’ho mai detto a nessuno. Questo è un segreto che è rimasto mio fino a questo momento!”

Arriviamo al 1982 e alla Gilera, ufficiale?

“In quel caso corsi la Sei giorni all’Elba. Giorgio Grasso si ruppe una spalla e mi lasciò in eredità la sua moto, la Gilera appunto. Io chiusi decimo. E da dopo quell’anno conobbi, sempre attraverso Benso, la Cossato e in quel momento – nel 1982 – cominciò la mia carriera con la Cossato. Nel 1983 vinsi il Campionato Europeo e nell’84 con Franco Mayr (che trovò come sponsor la Totip, marchio molto prestigioso) cominciò la nuova avventura che è poi durata 10 anni”

La moto era sempre una Cossato?

“Ho corso con la Cossato fino al 1986, poi ci fu una parentesi con Tresoldi, poi nell’88 ho cominciato a correre con la TM che è  stata come una famiglia per me. Ma quando siamo arrivati alla svolta, nel 1991, Franco prese la Kawasaki, alla KL, con Leggerini. Lui ci dava tutto il materiale e con Franco, sempre con il suo sponsor Totip, che è durato oltre 15 anni, abbiamo vinto il campionato del mondo nel 1991. Poi l’anno dopo Mayr volle fare un motore diverso, tipo TM, con un basamento grande e abbiamo avuto un anno di parentesi fino a che, alla fine dell’anno, vinsi la Sei giorni in Australia”

Tutto questo sempre e solo con l’80 cc?

“Si, fino al 1993 quando, finita l’era dell’80,  ho provato a fare un anno con il 125. Ma c’è poco da fare non ero capace ad andare con il 125. Ho uno stile di guida diverso, che non si adatta alla 125 e poi nella mia testa c’è un sistema che, se non vinco, si spegne”

Ah, ma allora siete tutti uguali!!!

Alza le spalle: “E lo so…ma non è che mi si spegne, semplicemente non mi piace e quindi non lo faccio. E’ come la bicicletta. A me non piace andare in bicicletta e quindi non ci vado”

Certo il ragionamento non fa una piega! Ma guadagnavi qualcosa correndo negli anni Novanta?

“Guadagnavo il giusto per vivere, avevo uno stipendio con Franco, non mi posso lamentare. Per vent’anni non ho mai lavorato, O meglio ho lavorato come magazziniere dal ’76 all’82 poi ho smesso (anche perché i miei datori di lavoro non mi davano più i permessi per andare a correre. Per forza ero sempre via!), ho corso in moto e mi sono rimesso a lavorare nel 1994 con un mio amico nel settore dei fiori, organizzo i trasporti in tutta Europa e lo faccio a tutt’oggi”

E quando hai smesso di correre hai cominciato a seguire gli altri piloti ?

“Nel 1993 ho smesso di correre, proprio perché non andavo bene con il 125, e nel 1994 ho fatto i motorally con Rigo Moto e ho conosciuto Jarno Boano. Mi propose di andare con lui e suo fratello sulle gare e ho accettato. Li ho seguiti per 6 anni fino a che Jarno ha smesso e poi Pippo Lamotte mi ha chiesto di fare l’uomo ombra di Merriman e ho accettato”

E com’è stata con Merriman?

Ci pensa su un attimo e poi dice: “E’ un tipo un po’ particolare, però è un signore. Poi ho seguito Obluki, alla Sei giorni e lui la vinse, così come Merriman vinse il Campionato del Mondo. E poi sono stato l’ombra di Aubert che penso che sia il numero uno al mondo”

Che cosa significa per te fare l’uomo ombra? Ti senti realizzato, che rapporto instauri con il tuo pilota?

“Il rapporto che ho avuto con Jarno non l’ho avuto più con nessuno. Con Jarno era come se corressi io. Quando lui usciva dalla prova speciale era come se ne uscissi anche io. In sella alla sua moto c’ero anche io. Con gli altri è stato diverso: tutti molto professionali, molto bravi, e tu devi capire quello che vogliono: per esempio l’occhiale, oppure andare a fargli vedere quella curva. Devi riuscire a prevenire ogni loro richiesta”.

Ma dimmi quanto conta la tua esperienza nel fare l’uomo ombra, per esempio nel calmare il pilota quando è troppo agitato…

“Brava! E’ vero conta, in effetti. Per esempio quest’anno abbiamo Mangini – che è già agitato per conto suo tutta la vita – e Philippaerts che invece non ha mai fatto nulla del genere, mai fatto l’enduro. Jarno ha dato loro tutto quello che poteva dicendo che non dovevano dimostrare nulla, solo fare esperienza. Ma loro invece vorrebbero spaccare il mondo; ma è dura. Adesso i primi sono i primi, sono davvero forti. Al mondiale Massimo fa decimo, undicesimo, perché davanti ha dei super professionisti, ma lui ci resta male perché gli sembra di far schifo”.

Torniamo a te come pilota, perché non corri nella Major?

“Faccio il regionale – l’ho fatto con il 125, il 250 4 tempi e adesso con la Costa Ligure abbiamo fatto rivivere una categoria 80 cc, in Liguria. Se vinco o se perdo non mi interessa, sono con i miei amici. Cerco sempre di vincere, però. Ho fatto un paio di gare, quando c’era ancora l’80, nell’italiano Major, ma io non voglio né fare il campionato né vincerlo. Non è giusto. Ho vinto tanto,  ma non voglio sembrare uno che fa il superiore rispetto agli altri, campionati mondiali e italiani; non posso ora andare a correre con piloti che invece non hanno vinto, ma che vogliono e devono divertirsi. Non trovo giusto portar via un campionato alle altre persone. Io la penso così: posso andare a fare una gara ma non voglio correre l’intero campionato”.

Mentre stiamo chiacchierando lungo la strada a Casazza, si avvicina un signore in bicicletta, di Casazza. Anziano, vestito con camicia e gilet di lana. Guarda Chicco e si ferma accanto a lui: “Tu sei quello che correva con l’80 ?” gli chiede, e Chicco risponde positivamente. Allora il signore sorride e gli tende la mano e mentre gliela stringe gli dice “Non ho più visto nessuno andare con l’80 come andavi tu”.

Poi saluta, gira la bicicletta e se ne va.

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