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Terzo a Nogaro e terzo a Digione nel weekend dell’11/12 maggio. Come collochi questi due piazzamenti sul podio capaci di contraddistinguere i tuoi primi passi nella serie?
«Nella domenica di Nogaro un aiuto è arrivato anche dalle condizioni meteo. Si è messo a piovere e ho potuto guadagnare qualche posizione complici gli errori di alcuni avversari, usciti di pista in fase di partenza. Onestamente non so se sarei riuscito a conquistare subito un podio senza il contributo della pioggia. Mi trovo molto bene a girare sul bagnato e credo proprio di averlo dimostrato. Quello di Digione è stato, sotto un certo punto di vista, il podio della consapevolezza: in prova ho fatto pochi giri, ma sono riuscito a comprendere in fretta i limiti della vettura tanto da risultare veloce e agguantare un posto nella top 10 in qualifica. In Gara 2, oltre al piazzamento nella top 3, ho marcato il giro più veloce e questo mi fa ben sperare perché significa che non manca molto per centrare il successivo step, cioè la vittoria di tappa».
Dopo quattro gare, qual è il livello di feeling raggiunto con la Chevrolet Camaro da 400 cavalli?
«L’inizio è stato abbastanza traumatico. Si tratta infatti di vetture che sono completamente diverse da qualsiasi mezzo avessi guidato in precedenza. Io, in particolare, mi sono costruito un retroterra su monoposto, Turismo e Prototipi senza immaginare le nuove problematiche cui sarei andato incontro. Non è stato facile adattarsi, anche in virtù dei pochi test sostenuti, ma grazie all’elevata professionalità del team Gonneau/OverDrive e al sostegno di Pistone Motorsport Management, il passo non si è poi rivelato più lungo della gamba. A Digione ho capito di essere a mio agio e insieme ai ragazzi della squadra ho potuto concentrarmi sul lavoro di set up. L’obiettivo resta quello di migliorare ulteriormente nel round in programma a Brands Hatch».
Quali sono i rivali della divisione Open a tuo giudizio più temibili per il prosieguo di stagione?
«Nell’Euro-Racecar 2013 gli avversari di valore non mancano e nella Open il livello di competitività dei partecipanti si può definire molto elevato. Cito sicuramente Josh Burdon, che è un pilota giovane, esperto e velocissimo: l’australiano ha già vinto tre delle quattro gare finora disputate incamerando quale peggior risultato un secondo posto in Gara 1 a Digione. È senza dubbio lui l’uomo da battere nei weekend che verranno».
Puoi descrivere le sensazioni sperimentate nel duello in Gara 2 a Digione con Anthony Gandon? Cosa si prova a battere un pilota che soltanto il giorno prima era meritatamente salito sul gradino più alto del podio?
«Innanzitutto devo ammettere che ci siamo divertiti parecchio. Ci siamo giocati l’ultimo posto disponibile sul podio senza mai arrivare al contatto tra le nostre vetture. Per me è stata una bella soddisfazione dal momento che Anthony aveva dominato la gara del sabato ottenendo la sua prima affermazione nella categoria. Sì, la battaglia con Gandon ha reso speciale il mio weekend».
L’8/9 giugno l’Euro-Racecar correrà a Brands Hatch, nel Kent d’Oltremanica, su un impianto storico per il motorsport internazionale. Come intendi muoverti nel periodo che intercorre dal dopo Digione alla vigilia del prossimo appuntamento?
«Non conosco la pista di Brands Hatch. Ci ho girato con i simulatori di guida virtuale ma ovviamente è tutta un’altra cosa. Mi dicono che è un bel circuito, anche se piuttosto corto visto che con le vetture dell’Euro-Racecar affronteremo il cosiddetto tracciato Indy di 1.929 metri e non quello GP lungo 3.703 metri. Non mi spaventa il fatto di non avere riferimenti diretti, del resto non conoscevo nemmeno Nogaro e Digione. Mi preoccupa di più la lingua francese: per interagire al meglio con il team, la crew di meccanici e i giornalisti locali è fondamentale averne un’ottima padronanza. Sul fronte della preparazione fisica mi dedicherò alla corsa e agli esercizi in palestra allo scopo di non lasciare nulla di intentato. Trascorrerò questo periodo in Italia per motivi scolastici, altrimenti se avessi potuto scegliere sarei tornato subito in Francia».
Non è dunque l’inglese la lingua ufficiale dell’Euro-Racecar, che prende le mosse dalla filosofia Usa della Nascar?
«Il punto è che l’inglese lo capiscono quasi tutti, ma nei box delle squadre i meccanici si esprimono abitualmente in francese. Ritengo che sia importante, anche per una forma di rispetto nei confronti di chi lavora al tuo fianco, prepararsi al meglio sotto il profilo della lingua».
È un po’ presto per parlare di favoriti al titolo Open 2013. Pensi comunque di poter dire la tua in ottica campionato?
«Al momento ho i piedi ben piantati per terra! L’obiettivo che mi sono prefissato è quello di terminare nella top 3. Sono pur sempre un rookie nell’Euro-Racecar e in giro c’è gente che ha molta più esperienza di me. Dopo quattro gare sarebbe comunque arduo azzardare un pronostico. Dal canto mio sto macinando chilometri e credo che il segreto consista nel saper cogliere le occasioni».
Cosa significa salire sul podio dell’Euro-Racecar circondato da sorridenti miss e nerboruti figuranti vestiti da giocatori di football americano? È davvero così scapricciato come sembra il paddock della serie?
«Consiglio a tutti gli appassionati di motori un weekend nell’atmosfera Euro-Racecar. Non ci sono soltanto le gare ma anche un contorno che sembra costruito apposta per attirare le famiglie e i bambini. Le miss, le auto d’epoca… Non ci sono dubbi, durante i fine settimana gli organizzatori curano nei minimi dettagli le attività collaterali. Non so quali altri campionati, almeno stando alla mia esperienza, permettano una simile interazione con i fans».