ALPINE E I PROTOTIPI DI ENDURANCE UN PO’ DI STORIA DEL GRANDE MARCHIO FRANCESE

che una Marca automobilistica non può essere considerata “sportiva” senza aver partecipato alla 24 Ore di Le Mans, regina delle prove del calendario sportivo internazionale, seguita nel mondo intero con fruttuose conseguenze, in termini di immagine, in caso di successo.

Tenuto conto dei mezzi limitati di cui disponeva per partecipare a questo ineludibile appuntamento, deve dar prova d’intelligenza e sagacia, due qualità personali che ha saputo trasferire nei suoi modelli. La composizione dell’équipe di che crea per portare avanti l’ambizioso progetto corrisponde al primo criterio, e la scelta del tipo di prototipo da schierare al secondo.

 

1.1 UN DUPLICE TITOLO PER COMINCIARE

Seguendo i consigli di Gérard Crombac e José Rosinski — animatori della rivista “Sport Auto” e giustamente apprezzati per la pertinenza delle loro valutazioni — contatta, nel 1962, Len Terry, un giovane ingegnere inglese che aveva lavorato sul telaio della Lotus 23. Questa sana base dovrebbe fargli guadagnare un tempo prezioso. Jean Rédélé, infatti, sempre preso dal tempo, vuole schierare più auto contemporaneamente alla 24 Ore di Le Mans 1963. L’idea è buona, ma la CSI (Commissione Sportiva Internazionale), che definisce le norme sportive, modifica il regolamento per il 1964 e il telaio di Terry diventa obsoleto! Bernard Boyer e Richard Bouleau, due amici che hanno realizzato la Sirmac di Formula Junior, riprendono la fiaccola e progettano, in pochi mesi, un telaio costituito da due insiemi di intrecci tubolari, collegati da una trave centrale, come la berlinetta, già modello di riferimento della Marca di Dieppe. Le sospensioni riprendono il disegno di Len Terry, con portamozzo stampati Lotus, una sorta di futuro anteriore rispetto alla nuova alleanza, annunciata di recente tra Alpine e Caterham.

La meccanica è evidentemente quella elaborata dal “mago” Amedeo Gordini, sulla base del propulsore della Renault 8, ma con testata con doppio albero a camme in testa, e alimentazione con due carburatori Weber. Il tutto viene gestito con molta finezza, dal punto di vista tecnico ed economico. Per completare il progetto in questo stesso spirito, lo studio della carrozzeria è affidato ad un giovane tecnico ingegnere, formato da Romani al BEST, dopo aver lavorato presso André-Georges Claude sulla famosa “trasmissione a cinque rapporti”, di cui Rédélé e l’amico Louis Pons hanno acquistato la licenza. Quest’uomo «dalle suole di vento», si chiama Marcel Hubert. Il buonsenso, la semplicità e l’approccio sistemico all’aerodinamica, in un’epoca in cui tutti pensavano che contasse soltanto la potenza, rivoluzioneranno il mondo dei prototipi, fino all’arrivo degli studi computerizzati.

Il primo “prototipo” Alpine — battezzato M 63 per “Le Mans 1963” — sbarca dal camion Renault della concessionaria di Dieppe il 7 aprile e parteciperà alle prove preliminari della 24 Ore di Le Mans sul circuito emblematico della Sarthe. Il battesimo su pista è affidato alle esperte mani del campione di Francia di Formula Junior, José Rosinski, che abbina le funzioni di pilota, direttore di scuderia e giornalista collaudatore a Sport Auto, conservando comunque una raffinata eleganza che non può non sedurre Jean Rédélé. Rosinski raggiunge i 220 km/h — con un piccolissimo motore da 996 cm3 — fin dai primi giri di ruota sul rettilineo di Hunaudières, e firma un eccellente tempo di riferimento, dimostrando la validità delle idee e dei lavori dei progettisti di questa bella auto blu.

La macchina è lanciata.

Convinto, ambizioso e coraggioso, Jean Rédélé fa immediatamente partecipare questa nuovissima auto ad una manche del famosissimo Campionato del Mondo della specialità: nientedimeno che i terribili Mille Chilometri del Nürburgring. A metà maggio, invia José Rosinski, affiancato da un pilota americano abituato alle grosse cilindrate, Lloyd Perry “Lucky” Casner, vincitore nel 1961, proprio su questa pista, al volante della celebre Maserati Type T-61 “Birdcage”. Il fragile prototipo Alpine (telaio 1701) — giudicato dall’equipaggio “abbastanza tecnico” da pilotare — finisce undicesimo in classifica generale, primo di categoria, assicurandosi, inoltre, il record del giro nella sua cilindrata. Come volevasi dimostrare!

Alpine esce dal circolo degli esperti e la Marca è oggetto di numerosi servizi giornalistici prima della 24 Ore di Le Mans, che si svolge a metà giugno.

Sono state messe in cantiere altre due autovetture ed è una squadra di tre M 63 che si presenta alla pesatura, sotto lo sguardo radioso di Jean Rédélé che, abile commerciante, ha firmato, l’anno precedente, un accordo di produzione con licenza in Brasile con la società Willys, che produce la Dauphine Renault, e ormai anche le Alpine, commercializzate con il nome d’Interlagos. A titolo di reciprocità, il pilota sviluppatore, Christian “Bino” Heins, viene incaricato con José Rosinski di una M 63 (telaio 1702). Purtroppo, il giovane brasiliano sarà vittima di un incidente mortale alle ore 20.20, scivolando sull’olio disperso dallo scoppio del carter dell’Aston Martin di Bruce Mc Laren. Sarà l’unico pilota a perdere la vita al volante di un’Alpine schierata ufficialmente. Le tre M 63 si ritirano. Quindici giorni dopo, le due sopravvissute sono nuovamente in lizza a Reims, dove si classificano al nono e undicesimo posto all’arrivo, con José Rosinski che vince nuovamente in classe “meno di 1000 cm3″.  Dopo la stagione 1963, José Rosinski strappa, fin dal primo anno di corsa dei prototipi Alpine, il titolo di Campione di Francia della specialità. Ormai, Alpine è riconosciuta come challenger e le auto che ostentano la freccia ad “A” sul cofano motore vengono successivamente schierate a Sebring (Florida), alla Targa Florio (Sicilia) e sul massiccio dell’Eifel, al Nürburgring. In costante evoluzione, ricevono la denominazione di M 63, poi M 63 B e infine M 64, quest’ultima più raffinata delle precedenti. Da notare che corrono, oggi, in occasione di raduni riservati alle auto storiche da competizione, accumulando vittorie.

1.2 LA REGINA DELL’INDICE

Sfruttando la carrozzeria affinata e la cilindrata ridotta, Alpine punta in particolare all’”Indice di Rendimento Energetico” (rapporto tra consumo di benzina e velocità) e all’”Indice di Performance” (rapporto tra distanza percorsa e cilindrata).

Questo obiettivo sarà rapidamente raggiunto poiché, fin dal 1964, l’Irlandese Henry Morrogh e il gentleman driver” francese Roger Delageneste sfiorano i quattromila chilometri di corsa in occasione della 24 Ore di Le Mans 1964, e vincono la classe 1150 (battendo anche il record), consumando soltanto 13,1 litri per 100 chilometri ed assicurandosi, di conseguenza, l’Indice di Rendimento Energetico. Pubblico e stampa specializzata lodano l’exploit, ben compreso da Renault, che si avvicina sensibilmente alla Marca Alpine.

Lo stesso equipaggio raddoppia la posta in gioco in occasione delle “Dodici Ore di Reims”, assicurandosi la vittoria di categoria 1300 prima di terminare secondo in categoria ai “Mille km di Parigi”, a fine stagione. Il nuovo titolo di Campione di Francia di Sport Prototipi, conquistato questa volta da Roger Delageneste su M 64, è il giusto riconoscimento dei risultati ottenuti.

Per il 1965, Alpine svela una nuova evoluzione dei suoi prototipi, battezzata ormai M 65 e caratterizzata da un posteriore tronco e derive laterali che offrono maggiore stabilità all’auto a velocità sostenuta. Con un piccolo motore da 1149 cm3, Henri Grandsire — recente Campione di Francia F3 su Alpine — supererà i 250 km/h a Le Mans prima di doversi ritirare. Splendida rivincita dopo tre settimane, quando i quattro prototipi Alpine tagliano insieme il traguardo a Reims. Equipaggiate ormai con il motore 1300 Gordini, destinato a diventare celebre, si sono assicurate i primi quattro posti di categoria. Ancor meglio: il 5 settembre, Lucien e Mauro Bianchi ottengono la prima vittoria scratch per un prototipo Alpine, dopo aver vinto i difficili “500 km del Nürburgring” con le loro M 65 1296 cm3 (telaio 1719). Le foto di tali vittorie sono su tutti i giornali.

La M 65 si trasforma in A 210 dopo aver beneficiato di sospensioni con ampiezza di oscillazione maggiorata e di una nuova carenatura inferiore, senza tuttavia evoluzioni della carrozzeria all’esterno. Mauro Bianchi — pilota collaudatore e sviluppatore di Alpine — ottiene un tempo eccellente alle prove di aprile sul circuito di Le Mans, prima che due A 210 si classifichino prime di categoria durante i “1000 km di Monza”, in Italia, e poi i “1000 km di Spa”, in Belgio. Tali successi sono confermati alla 24 Ore di Le Mans a giugno, poiché Henri Grandsire — diventato Michel Vaillant in televisione, pilota Alpine-Vaillant in un serial domenicale — conquista la vittoria in classe 1300. Simultaneamente, Roger Delageneste, associato a Jacques Cheinisse, offre ancora una volta alla Casa di Dieppe l’indice energetico (telaio 1721). Ormai, “l’Alpine è il litro di benzina più veloce al mondo”, secondo lo slogan pubblicitario, molto “punchy”, elaborato da Publicis per Renault. Mauro Bianchi vincerà ancora lo scratch a Macao con una A 210 (telaio 1722) il 20 novembre — davanti ad una folla asiatica sbalordita — dopo aver dominato anche la corsa delle “turismo” con una Renault 8 Gordini.

A fronte di tali ripetuti successi, Renault accetta — a febbraio 1967 — di sbloccare i fondi necessari per lo studio e la realizzazione di un motore V8 di tre litri di cilindrata, per permettere ad Alpine di lottare per la vittoria in classifica generale alla 24 Ore di Le Mans, in particolare. Il progetto è affidato ad Amedeo Gordini: sfortunatamente per “il mago”, il mondo delle corse automobilistiche si è molto evoluto, e l’arrivo di grandi costruttori con ingenti mezzi tecnici e finanziari rende il compito dell’artigiano ancora più gravoso. Purtroppo, il V8 non sarà mai competitivo rispetto ai V12 Matra e Ferrari, né ai V8 Ford Cosworth.

Nell’attesa del lancio del motore, Alpine continua a far correre — con successo — i suoi prototipi A 210, che portano ormai ufficialmente il badge “Alpine Renault” con meccaniche da 1000, 1300, e 1500, ottenendo ottime posizioni in classifica a Le Mans, Reims, Madrid, Nürburgring, Montlhéry e addirittura a Kyalami, in Sud Africa (Depailler-Grandsire, 7° allo scratch su A 210 1470 cm3 – telaio 1725).

1.3 FAR VINCERE LA FRANCIA

Il1968 è il famoso anno rivoluzionario… per Alpine. Tutto inizia nell’autunno 1967, quando Gordini consegna a Dieppe il motore V8 da 2995 cm3. Immediatamente montato su un telaio A 210 (telaio 1727), l’auto — ribattezzata A 211 — si scalderà a Ladoux, sulle piste di prova Michelin, prima di andare ad affrontare il cemento e l’asfalto di Montlhéry, in occasione dei “Mille km di Parigi”, il 15 ottobre. Grandsire e Bianchi terminano al settimo posto in classifica generale con questo modello equipaggiato – altra novità di spicco – con pneumatici radiali slick Michelin. Persino il Generale de Gaulle si è interessato a questa A 211, esposta sullo stand Renault al Salone dell’Auto di Parigi, in occasione dell’inaugurazione ufficiale, sotto i riflettori del Palazzo delle Esposizioni di Porte de Versailles. Alla domanda posta dal Presidente a Jean Rédélé «A cosa serve la corsa automobilistica?», il creatore della marca gli risponde: «A far vincere la Francia, Signor Generale!»…

Questa A 211 — rapidamente soprannominata “la Nonna”, con tutta la tenerezza insita in tale denominazione — corre ancora alla “12 Ore di Sebring ” (USA), i “Mille km di Monza” (Italia), del Nürburgring (Germania) e Spa (Belgio), prima di cedere il posto alle A 220, che si mostrano per la prima volta ad agosto, in occasione dei “1000 km di Zeltweg” in Austria.

Evidentemente, era stato previsto che partecipassero alla 24 Ore di Le Mans a giugno ma, fortunatamente per Alpine, “gli eventi della Primavera del ’68” hanno costretto a rinviare la prova a settembre, permettendo così all’équipe dei meccanici di Alpine di terminare il montaggio nelle praterie normanne, poiché gli stabilimenti erano stati “occupati”. Nonostante, o forse a causa di tali condizioni, le quattro A 220 hanno registrato performance mediocri in occasione di queste eccezionali “24 Ore di Le Mans” autunnali. Telaio elaborato senza un reale budget e in tutta fretta, relativa stabilità a velocità elevata, che ha richiesto il montaggio di uno stabilizzatore posteriore, e soprattutto forti vibrazioni provocate da un motore Gordini, nonostante la minor potenza rispetto alla concorrenza. In sintesi, un insuccesso, vissuto con angoscia ancora maggiore, a causa del terrificante incidente subito da Mauro Bianchi, gravemente ustionato nella sua A 220, mentre il fratello Lucien trionfava a bordo della sua Ford GT 40. In questa serie nera, Alpine riesce tuttavia a ritrovare un pò di ottimismo, grazie alla duplice vittoria all’Indice di Performance ottenuta dai rallymen Jean-Claude Andruet e Jean-Pierre Nicolas su A 210 1005 cm3 (telaio 1725), completata da quella di Jean-Luc Thérier – Bernard Tramont su A 210 1296 cm3 (telaio 1721) all’Indice Energetico.

Bella rivincita dei “tre litri” ai “Mille km di Parigi” un mese dopo, dove le due A 220 si piazzano al 4° e 6° posto in classifica generale, e poi in Marocco al Gran Premio di Casablanca, dove André de Cortanze, pilota ingegnere, offre una vittoria scratch all’A 220, il 20 ottobre.

Per la stagione 1969, l’Ufficio Studi — animato dal suddetto pilota — modifica l’A 220 portando i radiatori in sbalzo posteriore. Patrick Depailler, futuro Campione di Francia F3 su Alpine A 360 nel 1971, e Jean-Pierre Jabouille, due eccellenti piloti francesi, confermano la pertinenza di tale scelta classificandosi sesti ai “Mille km di Monza”. Purtroppo, a Le Mans, le cose vanno male, con il ritiro di tutte le Alpine tranne la piccola A 210 1005 cm3(telaio1723), pilotata da Alain Serpaggi, nuovo collaboratore della Marca, e Christian Ethuin, che ottengono la vittoria della loro classe e all’Indice di Performance. È la quinta ed ultima vittoria agli indici: tre al Rendimento Energetico (1964 – 1965 e 1968) e due all’Indice di Performance (1968 e 1969), ed è anche la settima vittoria di classe ottenuta tra il 1963 e il 1969. Un bel risultato!

Questo segna anche, sfortunatamente, la fine dei Prototipi per Alpine che si dedicherà ai rally. Solo Jean Vinatier piazzerà ancora l’A 220 (telaio 1731) al secondo posto, in occasione di una corsa in autunno, a Nogaro. Jean-Pierre Jabouille, da parte sua, parteciperà con questa stessa A 220 “accorciata” al “Critérium des Cévennes”, un rally di fine stagione. Quest’auto esiste ancora oggi in tale configurazione ed è stata esposta al Salone Rétromobile 2013 sullo stand Renault Classic.

 

TAVOLA RIASSUNTIVA (ANNI ’60)

–  25 Prototipi prodotti tra il 1963 e il 1969

– Tabella delle Produzioni / Tipo

M 63         :    4

M 63 B      :    1

M 64         :    4

M 65         :    2

A 210        :    6

(A 211      :    1)

A 220        :    4

A 220 B    :    4

 

– 44 partecipazioni alla 24 Ore di Le Mans

7 vittorie di classe

3 vittorie “Indice Energetico” (1964 – 1965 – 1968)

2 vittorie “Indice di Performance” (1968 – 1969)

 

– Altre vittorie salienti:

3 vittorie scratch

500 km del Nürburgring (1965)

GP di Macao (1966)

GP di Casablanca (1968)

 

– Due titoli di Campione di Francia:

1963 con José Rosinski (M 63)

1964 con Roger Delageneste (M 64)

 

IL PERIODO GIALLO, I PROTOTIPI RENAULT-ALPINE

2.1 CAMPIONE D’EUROPA

Renault rileva Alpine il 1° gennaio 1973. L’emblematico Direttore del Servizio Competizione, Jacques Cheinisse, resta in funzione ma dipende ormai dalla Marca con la losanga. Per impulso di Jean Terramorsi, Direttore di Renault Gordini e di François Guiter, Direttore della Competizione di Elf, verrà messo in cantiere un propulsore V6 nel 1972, presentato alla stampa il 15 gennaio 1973. Il 1° maggio dello stesso anno, un nuovo prototipo Alpine Renault, battezzato A 440, viene schierato a Magny Cours, tempio dello sport automobilistico francese. Alla fine del mese, partecipa di nuovo ad una corsa, questa volta a Croix en Ternois, nel nord della Francia, trionfando nelle due manche con Jean-Pierre Jabouille. Arriveranno poi altri risultati: alcuni piazzamenti di rilievo (Imola 7°, Charade 3°, Nogaro 2°) un po’ occultati dal trionfo delle berlinette A110 al Campionato del Mondo dei Rally. Da notare che, anche nel 1973, Alpine vince in F2 a Pau (François Cevert) e F3 (Alain Serpaggi), confermando così la sua posizione di Marca ultra-sportiva.

I vertici di Renault auspicano che Alpine torni alle corse di endurance e accettano l’idea di un ritorno programmato in due tappe. Dapprima correre – e possibilmente vincere – nel nuovo Campionato d’Europa degli Sport-Prototipi due litri, e poi lavorare per elaborare un’auto in grado di vincere lo scratch alla 24 Ore di Le Mans, un ambizioso obiettivo affermato senza ambiguità.

Marcel Hubert, nuovamente contattato per questa ripresa, lavora di nuovo sull’A 440, affinandola in collaborazione con l’Ufficio Studi, diretto da André de Cortanze, che ridisegna il telaio. Ormai, il motore, alle spalle del pilota, è portante, facilitando il disaccoppiamento del propulsore, mentre la tenuta di strada viene sensibilmente migliorata. Questa novità è battezzata A 441. Elegante e raffinata, abbandona la livrea blu Alpine per prendere i colori di Renault: bianco, giallo e nero. Il “ballo delle debuttanti” si svolge sul circuito di Le Castellet, nell’ambito del nuovo Campionato d’Europa della specialità. Sul circuito del Var l’auto ottiene una brillante vittoria con Alain Cudini, pilota emerito, Campione d’Europa di Formula Renault su una monoposto Alpine A 366 nel 1972. Vincerà ancora il 12 maggio a Montlhéry, in una prova nazionale. Il 23 giugno, per la seconda prova valida per il Campionato d’Europa, è Gérard Larrousse che s’impone sulla stessa A 441 (telaio 441-1), precedendo Alain Serpaggi su un’auto gemella (telaio 441-0). Tripletta a Nogaro, nel Gers, vittoria a Misano in Italia, a Pergusa in Sicilia, poi a Hockenheim (Germania), al Mugello (Italia) e a Jarama (Spagna). Con questa settima vittoria consecutiva, l’A 441 si assicura il titolo di Campione d’Europa degli Sport-Prototipi e Alain Serpaggi conquista l’alloro per i piloti con 77 punti, precedendo Gérard Larrousse (75 punti) e Jean-Pierre Jabouille (73 punti). Un autentico cappotto, perché il quarto ottiene soltanto 45 punti.

2.2 L’EFFETTO TURBO

Questa valanga di vittorie convince Renault a perseverare, alzando ulteriormente l’asta. A tale scopo, viene disegnata una nuova auto, ma la cosa più importante è indiscutibilmente l’impianto nel telaio — battezzato A 442 — del motore turbo 1996 cm3 di 490 cavalli, sviluppato dal motorista di casa, Bernard Dudot, sulla base del V6. È il minimo indispensabile per tentare di segnare qualche punto contro le auto che si battono abitualmente nell’agguerrito Campionato del Mondo delle Marche. Eppure, è un modello di transizione che viene schierato il 23 marzo, alla prima corsa sul circuito del Mugello, in Italia, affidata a Larrousse e Jabouille: l’A 441 Turbo (telaio 441-1). Lo stesso equipaggio termina al terzo posto ai “1000 km di Monza”, il 20 aprile e quarto ai “1000 km di Nürburgring”, il 1° giugno. L’ACO (Automobile Club de l’Ouest), organizzatrice della 24 Ore di Le Mans, ha scritto il proprio regolamento, escludendo, quest’anno, il motore turbo. Di conseguenza, in questo 1975 battezzato “Anno della Donna”, sono le “ragazze” eleganti, Marie-Claude Beaumont, la Francese, e Lella Lombardi, l’Italiana, che hanno l’onore di difendere i colori di Alpine sul circuito di Le Mans, con una A 441 aspirata. Alle prove, la piccola “due litri” si assicura un promettente ottavo tempo scratch, ad appena tre secondi dalla pole position. Purtroppo, un problema di alimentazione carburante troncherà rapidamente quella che avrebbe dovuto essere una dimostrazione. L’equipaggio al 100% femminile si ritira anche a fine giugno, in occasione dei “1000 km dell’Austria”, in linea con il ritiro delle due A 442 turbo schierate in parallelo. Viceversa, Gérard Larrousse e Jean-Pierre Jarier piazzano una delle A 442 (telaio 442-1) al terzo posto — e quindi sul podio — a luglio, al termine della corsa sul circuito di Watkins Glen, negli USA.

Il nuovo CEO di Renault, Bernard Hanon, decide di fare le cose in grande: vuole che Renault vinca alla 24 Ore di Le Mans e incarica della missione Gérard Larrousse, che abbandona così il ruolo di pilota per sostituire Jacques Cheinisse a capo del Servizio Competizione. Nasce ufficialmente “Renault Sport” e Viry Chatillon prende il sopravvento su Dieppe. Una pagina fondamentale si conclude e si apre un nuovo capitolo. Si costituisce un’équipe di piloti di spicco, principalmente provenienti dalla Formula 1, si riunisce uno staff d’ingegneri e ci si prefigge un obiettivo: partecipare al Campionato del Mondo delle Marche 1976. Nonostante questi importanti mezzi dispiegati, gli inizi sono più che caotici, con l’inverosimile carambolage tra Depailler e Jabouille, fin dal primo giro dei “300 km del Nürburgring” il 4 aprile, che distrugge totalmente il telaio A 442-0 e danneggia gravemente l’altro (telaio A 442-1). Alla “4 Ore di Monza”, Henri Pescarolo, nuova recluta, e Jean-Pierre Jarier, si classificano secondi sul telaio riparato. Tre auto schierate ad Imola e tre ritiri non lasciano molte speranze per la 24 Ore di Le Mans, dove concorre una sola auto (telaio 442-3), per i francesi Patrick Tambay e Jean-Pierre Jabouille. Quest’ultimo riesce, però; a farsi notare con la Renault Alpine, che porta in pole position, a 230 km/h di media, dopo essere stato cronometrato a 337 km/h nel rettilineo di Hunaudières. La rottura di un pistone porrà fine all’esibizione prima di metà corsa. Doppio ritiro anche alla “4 Ore di Enna”, mentre alle “200 Miglia di Mosport”, in Canada, Depailler si piazza quarto e poi secondo ai “500 km di Digione “, assistito da Jacques Lafitte, e precedendo la gemella pilotata dai due Jean-Pierre, Jabouille e Jarier.

Il bilancio finale è modesto a livello punteggio, ma l’équipe Renault Sport ha imparato molto, sia sul motore Turbo Renault Gordini che sui telai Renault Alpine.

2.3 VITTORIA A LE MANS

Cambiamento di rotta nel 1977 con una preparazione esclusiva della “24 Ore di Le Mans”, dove Renault schiera quattro A 442. Viene predisposto un importante programma di prove, moltiplicando test di durata, simulazioni di fermata ai box, diverse prove di elementi di carrozzeria, ecc.

La settimana prima della prova l’armada Renault Alpine spopola, piazzando le sue quattro auto ai primi cinque posti. La pole position è assicurata da Jean-Pierre Jabouille, che conosce l’A 442 meglio di chiunque, per averne curato lo sviluppo fin dall’origine. Sfortunatamente, i pistoni del motore turbo non resistono e, ancora una volta, l’équipe torna con le pive nel sacco.

L’anno 1978 sembra quello dell’ultima opportunità. Il motore V6 CHS 2 è reso affidabile, lo specialista di aerodinamica Marcel Hubert affina ulteriormente la carrozzeria e propone un tetto a bolla che serve da deflettore, vengono ancora realizzate numerose prove e il 10 e 11 giugno 1978 la folla si accalca per assistere ad uno scontro Francia-Germania, ambientato sul circuito di Le Mans. Quattro le auto schierate: la A 443 — (telaio 443-0) con motore rialesato a 2138 cm3 per Jabouille e Depailler — ottiene il secondo tempo alle prove. Il talentuoso pilota di Clermont-Ferrand ha viaggiato a 359 km/h nell’Hunaudières e ha realizzato il giro del circuito in 3′ 28″ 4, un tempo che resterà — fino ad oggi — il migliore mai realizzato da un’Alpine su tale circuito. Nel ruolo di lepre, l’auto resta costantemente nella pattuglia di testa e, alle luci dell’alba, sembra avere in mano la corsa. Un eccesso di prudenza ai box fa ridurre la pressione del turbo, per allentare la pressione sulla meccanica, con l’effetto di … rompere un pistone. Jean-Pierre Jarier e l’inglese Derek Bell si erano ritirati a metà corsa, per rottura della coppia conica: tutte le speranze convergono ormai sulla A 442 n° 2 (telaio 442-3), pilotata dal veterano Jean-Pierre Jaussaud (41 anni), assistito dal giovane Didier Pironi (26 anni). I piloti sono in perfetta sintonia e si susseguono con intelligenza sotto l’egida di Michel Tetu, ingegnere di pista. Alle 16, viene vittoriosamente tagliato il traguardo: sono stati percorsi 5044 chilometri a 210 km/h di media! La quarta A 442 (telaio 442-4), pilotata dai rallymen Jean Ragnotti e Guy Fréquelin si classifica … quarta. È l’apoteosi, il Graal finalmente conquistato!

Con questa vittoria, Renault e Alpine entrano nella leggenda.

Dopo aver compiuto la missione, Renault Sport sceglie di lasciare l’Endurance per dedicarsi alla Formula 1, ottenendo i successi che tutti conoscono.

TABELLA RIASSUNTIVA (ANNI ’70)

– 12 Prototipi prodotti tra il 1973 e il 1978

 

– Tabella delle Produzioni / Tipo

A 440:       2

A 441:       4

A 442:       5

A 443:       1

 

– 10 partecipazioni alla 24 Ore di Le Mans

– 1 vittoria scratch (1978)

 

– Altre vittorie salienti:

– 7 vittorie al Campionato d’Europa degli Sport-Prototipi “2 litri”

– Campione d’Europa degli Sport-Prototipi “2 litri ” (1974) con

Alain Serpaggi.

Trentacinque anni dopo, una nuova avventura è proposta alle nuove generazioni, che tweettano incessantemente: “Alpine è di ritorno a Le Mans”…

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