Tutta la storia della Susa Moncenisio dalle origini ai giorni nostri
Il primo capitolo della storia della Susa-Moncenisio
Con l’edizione del 1953, ultima edizione della cronoscalata piemontese sul percorso di ventidue chilometri vinta da Willy Daetwyler su Alfa Romeo 4500, si conclude il primo capitolo dell’avventura ultracentenaria di una gara che, per oltre mezzo secolo, si è identificata con la storia dell’automobilismo italiano, con l’evoluzione tecnica delle vetture da competizione e con la profonda trasformazione che ha caratterizzato il primo secolo di vita dell’automobile.
Anni scanditi dalle imprese di piloti dall’indubbio valore. Piloti del calibro di Vincenzo Lancia, Felice Nazzaro, Ferdinando Minoia, Alfieri Maserati, Giuseppe Campari, Achille Varzi, Umberto Borzacchini, Piero Taruffi, Giovanni Bracco o Mario Tadini. “Cavalieri del rischio”, come era solito definirli Enzo Ferrari, che non disdegnavano alternare le cronoscalate alle gare in circuito, l’ambiente ovattato dei Gran Premi e delle piste permanenti ai tortuosi tornanti della vecchia strada napoleonica.
Di seguito, tratto dal libro “SUSA-MONCENISIO 1902-2002, la corsa più antica del mondo”, il racconto di quella storia che, a distanza di oltre un secolo, oggi continua.
Le prime edizioni
La prima corsa in salita disputata in Italia fu senza dubbio la “Madonna del Pilone-Pino Torinese”. La gara, della lunghezza complessiva di cinque chilometri, con pendenze fino al 10%, si svolse il 21 aprile 1900 nell’ambito delle manifestazioni motoristiche indette in occasione del primo Salone dell’Automobile di Torino.
L’autentica consacrazione di questo tipo di manifestazioni avvenne però solo nel 1902, con la creazione di una sorta di mini-campionato della specialità, basato sulla disputa di tre prove: la “Coppa Consuma”, che si correva nei pressi di Firenze, la “Sassi-Superga”, un percorso di poco meno di cinque chilometri tra la borgata di Sassi e la Basilica di Superga, e la “Susa-Moncenisio”, la prima vera corsa in salita della storia.
L’edizione inaugurale della gara, organizzata dal periodico torinese “La Stampa Sportiva”, con il patrocinio di S.A.R. il Duca di Genova e della Principessa Laetitia di Savoia Napoleone, Duchessa di Aosta, venne disputata il 27 luglio del 1902 per celebrare la chiusura dell’Esposizione Internazionale dell’Automobile e del Ciclo tenutasi a Torino nel 1902. Il percorso congiungeva la città di Susa con il passo del Cenisio, al confine con la Francia, e misurava 22.500 metri, con partenza alle porte di Susa, ai piedi della salita, ed arrivo sul rettilineo precedente l’Ospizio, subito dopo la “scala” detta della Gran Croce. Una prova massacrante per i mezzi dell’epoca ed i concorrenti che si presentarono comunque numerosi al via della gara. Dei cinquanta iscritti, divisi in due classi (velocità e turisti) e quattro categorie (motocicli, vetturette, vetture leggere e vetture pesanti), solo trentotto presero effettivamente il via. Tra questi si impose Vincenzo Lancia al volante di una “Fiat 24 HP” di proprietà dell’avvocato bilellese Angelo Mosca. Una poderosa biposto spinta da un quattro cilindri bi-blocco di oltre sette litri di cilindrata, con una potenza di poco superiore ai 40 CV a 1200 giri al minuto. Il pilota torinese impiegò il il tempo di 30’ 10” e 2/5 per percorrere i 22.500 metri della gara, alla media di 44.316 km/h. Un’autentica impresa per i veicoli a motore dell’epoca, soprattutto se rapportata alle oltre sette ore impiegate da una normale diligenza per coprire lo stesso percorso. Ed eccezionali erano le caratteristiche della cronoscalata. Il dislivello complessivo di 1.605 metri con pendenze medie del 10% e punte massime superiori al 13%, ne facevano la competizione più impegnativa e prestigiosa dell’epoca. L’afflusso del pubblico, attratto dalla spettacolarità dell’evento e dalla bellezza del paesaggio, fu tale da convincere gli organizzatori a disputare la gara con cadenza annuale .
Ma presto iniziarono i problemi. Nel 1903 la corsa venne soppressa in seguito al tragico incidente che aveva funestato la maratona automobilistica “Parigi-Madrid”. Si dovette attendere così fino al 1904 per assistere alla seconda edizione della Susa-Moncenisio. Ancora una volta il successo andò a Vincenzo Lancia al volante di una potente Fiat 75 HP. Il pilota torinese, che per la seconda volta si aggiudicò la coppa challenge Principe Amedeo, frantumò letteralmente il record del ‘902 portandolo a 22’ 24” 4, alla media di 59,150 km/h. Secondo all’arrivo, con il tempo di 23’ 21” 6, si classificò Felice Nazzaro, astro nascente dell’automobilismo italiano.
La “Susa-Moncenisio” si svolse regolarmente anche l’anno successivo. La partenza venne data dalla Regina Madre in persona e la vittoria andò a Felice Nazzaro che abbassò ulteriormente il record portandolo a 19’ 18” 5. Il successo della terza edizione della cronoscalata piemontese fu tale che il 17 luglio 1905, per la prima volta nella storia del giornalismo italiano, un grande quotidiano nazionale, il Corriere della Sera, dedicò un articolo in prima pagina ad una competizione automobilistica, commentando con grande enfasi le imprese di Nazzaro e Cagno e rammaricandosi per l’assenza di Vincenzo Lancia. Il record stabilito dal pilota della Fiat nel 1905 rimase imbattuto per sedici anni. La competizione riservata alle automobili subì infatti una lunga interruzione. Le lotte sindacali dell’epoca, ragioni di ordine pubblico e la crisi dell’industria automobilistica, decretarono la momentanea sospensione della “Susa-Moncenisio”. Solo nel 1914, alla vigilia del primo conflitto bellico mondiale, venne organizzata una prova in tono minore riservata alle motociclette ed alla categoria delle cosiddette “vetturette”. Si impose Ferdinando Minoia, su Bebè Peugeot, ma il tempo di 32’ 03” 2 per percorrere i 22.100 meri del percorso la dice lunga sulla scarsa competitività dei mezzi impiegati.
Gli anni dei record
Per assistere ad un ritorno in grande stile della cronoscalata piemontese bisogna così attendere il 1920. Assenti i grandi campioni dell’epoca, attratti dalle corse in circuito e dalla nascente categoria Gran Premio, le nove edizioni della corsa disputate tra il 1920 ed il 1937 furono caratterizzate dal progressivo miglioramento dei record. Dopo il successo di Remy Reville nel 1920 su Peugeot, le tre edizioni successive della “Susa-Moncenisio” videro il predominio assoluto di Alfieri Maserati. Dopo due tentativi andati a vuoto nel biennio 1921/22, nel 1923 il pilota della Diatto, con un tempo di 19’ 05” riuscì a battere lo storico primato stabilito da Felice Nazzaro nel 1905. Da quell’anno la lotta si fece ancora più accanita. Nel 1925 Alfieri Maserati ritoccò il suo record ma venne battuto dal Marchese Diego de Sterlich, anche lui su Diatto, che si aggiudicò la prova con il tempo di 18’ 48”.
L’anno successivo i tempi non subirono variazioni particolari ed il tempo impiegato dal vincitore Giulio Aymini, sempre su Diatto, superò addirittura i venti minuti. Grande successo di pubblico e record nuovamente ritoccato nel 1928. La gara non ebbe storia e fu dominata da Giuseppe Campari, su Alfa Romeo 8 cilindri. Con un tempo di 17’ 22” 1, il pilota del Portello infranse il primato stabilito da de Sterlich nel 1925 battendo, nell’ordine, Borzacchini su Maserati ed Aymini su Delage. Il brillante successo ottenuto da Campari diede ancora più lustro alla classica del Cenisio e, nel 1931, il numero degli iscritti salì addirittura ad ottantotto. Ma l’edizione numero dodici della cronoscalata passerà alla storia soprattutto per il nome del vincitore: Achille Varzi. L’acerrimo rivale di Tazio Nuvolari, al volante di una Bugatti 2300, ritoccò il precedente primato di quasi un minuto, fissandolo il 16’ 25” 1. Altri cinque concorrenti lo imitarono. Nell’ordine furono: Fagioli su Maserati, Ernesto Maserati su Maserati, Ghersi, ancora su Maserati, Zanelli su National Pescara e Giuseppe Campari su Alfa Romeo. Anche se nel 1932 la gara non venne corsa, la “Susa-Moncenisio” era diventata una delle gare più blasonate dell’epoca: un traguardo ambito da tutte le grandi Case automobilistiche, un risultato da esibire con orgoglio sulla pubblicità. Non solo: alcuni tratti della cronoscalata, come le celeberrime “scale”, entrarono a far parte dell’immaginario collettivo come l’ideale banco di prova per verificare la validità dei mezzi tecnici impiegati e le capacità di guida dei piloti. La riconferma, qualora ce ne fosse bisogno, nel 1933. Ancora una volta la corsa del Cenisio fece registrare il record degli iscritti e degli spettatori, come pure l’ennesimo ritocco del primato. Con il tempo di 15’ 51” 1, Mario Borzacchini, al volante di Alfa Romeo 2600, migliorò di mezzo minuto il primato stabilito nel ’31 da Achille Varzi, battendo sul filo di lana proprio il pilota della Bugatti.
Un exploit destinato a durare fino al 1937 quando, dopo quattro anni di interruzione determinati dagli avvenimenti d’Africa e dalla riduzione delle gare automobilistiche, venne nuovamente disputata la “Susa-Moncenisio”. Il tempo record di 15’ 51” 1 e la media di oltre 84 chilometri all’ora stabiliti da Borzacchini sembravano destinati a durare per parecchio tempo. Invece, nel 1937, crollarono sia il primato assoluto che quelli delle altre categorie e classi. La lotta più appassionante interessò, ovviamente, le vetture sport di grossa cilindrata e vide il predominio assoluto delle Alfa Romeo 8 cilindri di 2900 cc. Le vetture della Scuderia Ferrari monopolizzarono le prime tre posizioni della classifica finale e Mario Tadini si impose con il tempo di 15’ 05” alla media di 87,911 km/h precedendo i compagni di squadra Dusio, secondo a 27” e Biondetti, terzo classificato, a 29”. Un’autentica apoteosi per le vetture del Portello e per Tadini che, a trent’anni dall’affermazione di Vincenzo Lancia nella prima edizione della “Susa-Moncenisio”, dimezzava il tempo di percorrenza. A questo proposito varrà comunque la pena di ricordare che, ancor più del riscontro cronometrico, valgono le medie chilometriche fatte segnare dai vincitori. Nel corso degli anni la lunghezza della “Susa-Moncenisio” variò in funzione dello spostamento della linea di partenza e di quella del traguardo, con lunghezze che andavano dai 23.000 metri del 1904 ai 22.100 del periodo a cavallo tra il 1920 ed il 1953.
L’edizione del 1937 fu comunque l’ultima disputata negli Anni Trenta: lo scoppio del secondo conflitto bellico mondiale decretò il momentaneo blocco di qualsiasi attività sportiva ed una lunga sospensione della gara che si protrasse fino al 1949.
La ripresa del dopoguerra
Quando le automobili e le motociclette tornarono a sfidarsi sui tortuosi tornanti della strada napoleonica, molte cose erano cambiate. Non solo per lo spostamento dell’arrivo in territorio francese ma anche, e soprattutto, per il diverso livello tecnico dei mezzi impiegati. Piero Taruffi, che si impose nell’edizione del 1949, fece segnare un tempo di poco superiore al record di Tadini del 1937, ma la sua Cisitalia, preparata da Carlo Abarth, non poteva di certo competere con l’Alfa Romeo 2900 del ’37. Quest’ultima era mossa da un potente tre litri sovralimentato, mentre il propulsore aspirato della Cisitalia di Taruffi aveva una cilindrata di soli 1200 cc. Malgrado ciò, il tempo impiegato dal pilota romano per raggiungere la vetta era di appena cinque decimi di secondo più alto rispetto a quello di Tadini. Questo indica il progresso tecnico fatto registrare dall’industria automobilistica, ed in particolare di quella italiana, nell’ultimo decennio. Il successo ottenuto con l’edizione del ’49 della rinata “Susa-Moncenisio”, spronò l’Automobile Club di Torino ad organizzare una nuova gara nel 1950. Gara che vide crollare il record di Tadini e l’affermazione di una Ferrari. Si impose il pilota biellese Giovanni Bracco, con il tempo di 14’ 23”, alla guida di una monoposto del Cavallino. Per la cronaca, la “125” utilizzata da Bracco, derivava dalle monoposto da Gran Premio impiegate da Maranello nel mondiale di formula 1: autentici mostri di potenza, spinti da un 12 cilindri sovralimentato (tramite compressore volumetrico Roots) in grado di sviluppare oltre 230 CV di potenza. All’arrivo, Giovanni Braccò distaccò di quasi un minuto e mezzo il secondo classificato, Cortese, alla guida di una Cisitalia, mentre il francese Grignard concluse la gara al quarto posto. Il gentleman driver francese che portava in gara una potentissima Talbot, si presentò al via con oltre un minuto di ritardo per essere andato a sorseggiare un caffè in un locale ignoto al suo meccanico… Cose d’altri tempi, quando le parole competizione, sportività ed agonismo avevano tutt’altro significato e quando la professionalità e l’esasperazione tecnologica non avevano ancora stravolto le competizioni automobilistiche.
Ma torniamo alla “Susa-Moncenisio”. L’edizione del 1951 registrò un vero e proprio record di iscritti, con piloti provenienti da tutta Europa e, addirittura, dagli Stati Uniti. Anche se avversata dal maltempo, la gara fu appassionante. Gli italiani conquistarono i primi posti nelle categorie sport, con Emilio Giletti, primo nella classe 750, Macchieraldo-Capelli, su Osca, vincitori della classe 1100 e Giovanni Bracco, su Ferrari, primo in quella superiore ai 1100 cc. La categoria corsa, senza limiti di cilindrata, diede invece luogo ad un duello serrato tra vetture dalle caratteristiche tecniche più eterogenee che andavano dai modelli spinti da motori ad alimentazione atmosferica, ai 12 cilindri sovralimentati. I primi tre classificati della categoria regina, batterono il primato stabilito l’anno prima dal vincitore Bracco e la gara si chiuse con il successo dello svizzero Willy Daetwyler, al volante di una Alfa Romeo di 4500 cc. Seppur datata, la monoposto di Daetwyler non era dissimile dalle Alfa Romeo da Gran Premio impiegate con successo da Nino Farina e Juan Manuel Fangio nel mondiale di formula 1 e, a dispetto di una impostazione tecnica votata all’utilizzo in pista, si adattava perfettamente ai saliscendi ed agli impegnativi tornanti della “Susa-Moncenisio”. La conferma nel 1953, in occasione dell’ultima edizione della cronoscalata piemontese sul percorso di ventidue chilometri. Daetwyler non ebbe rivali, fissando il record della corsa in 13’ 51” 8, alla media di 95,647 km/h. Un record rimasto tutt’ora imbattuto. Nello stesso anno Umberto Maglioli, alla guida di una Ferrari 2500, stabilì un nuovo primato, impiegando 1’ 48” per coprire l’intero percorso delle “scale”.