IL CILE, E LA FINE DELL’AVVENTURA DI PANDAKAR

Le notizie in Italia sono sempre arrivate dal bivacco, da Simon, il Direttore Sportivo più infaticabile del mondo che alla guida del fedele Daily ha seguito e aspettato tutti i giorni la Panda. L’ultimo giorno anche Simon ha dovuto arrendersi e scrivere via mail la parola che non avrebbe mai voluto scrivere in anticipo: fine.

In breve, quel che è successo in Cile è che tutti hanno smesso di dormire – Giulio e Antonio per primi – spesso anche di mangiare, mai di tenere duro e di crederci, e sperare, e lavorare durissimo. Ma le difficoltà incontrate durante le tappe hanno dilatato i tempi di gara al punto da annullare le soste ai bivacchi tra una tappa e l’altra, costringendo i piloti a 60 ore di guida ininterrotta e l’assistenza tecnica a ridurre sotto il minimo necessario gli interventi tecnici.

E così è arrivata la tappa numero undici: nel tardo pomeriggio, dopo 300 chilometri di percorso in montagna su piste di fesh-fesh e pietre, la Panda ha accusato una rottura meccanica ed è rimasta in attesa dell’assistenza in gara. L’attesa si è protratta fino a quando è arrivato il sospetto che qualcosa fosse andato per il verso sbagliato con il camion di assistenza: il team ha cercato un contatto con PC Course a Parigi e ha ricevuto la conferma che il camion si era ritirato dopo aver accumulato un ritardo di venti minuti sul tempo massimo consentito nella tappa precedente.

La gara è finita qui, con la consapevolezza amarissima che la Panda non sarebbe andata avanti senza un intervento tecnico: Giulio e Antonio hanno preso l’unica decisione possibile e sono usciti dalla speciale per raggiungere il bivacco a El Salvador.

Undicesima tappa, due tappe alla fine. In questi momenti cosa te ne fai di un risultato mai raggiunto prima nella storia di PanDAKAR? Non molto. Niente. Non parli, allarghi le braccia, abbracci i tuoi compagni di avventura, lasci andare una parolaccia, versi una lacrima. Per le riflessioni a freddo ci sarà tempo. Però lo sai, sai che hai combattuto come un leone, che hai speso tutte le energie, che la Panda è stata bravissima, che le persone di questo team sono eccezionali e che in quelle condizioni proprio non si poteva fare di più.

La Dakar 2014 è finita, e la chiusura su questa avventura spetta a Giulio. «Questa Dakar? Non è un caso che sia stata soprannominata “Odissea”: più della metà dei partecipanti, team blasonati e piloti professionisti compresi, non è arrivata al traguardo. Alla luce di queste difficoltà e dell’andamento generale della gara credo di poter giudicare la gara della Panda diassoluto rilievo tecnico e umano. Nulla è stato lasciato al caso, nulla è stato intentato: la Panda, l’equipaggio e tutto il team non hanno nulla da rimproverarsi. Accettiamo il verdetto finale perché queste sono le gare, queste sono le sfide e questa è la Dakar, la corsa più dura del mondo».

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